Cet article a été rédigé & publié dans le cadre du XXème Colloque international dell’Istituto Studi Umanistici Francesco Petrarca qui s’est déroulé en juillet 2008 à Chianciano & Pienza. Le sujet : « Vita privata & vita pubblica nel Rinascimento ».
Il s’agit là de mon premier article. J’en étais aux début de mes recherches lorsque mon directeur de thèse m’a contactée pour me proposer d’écrire & de participer à un colloque organisé dans un petit village de Toscane. Je vous laisse imaginer l’émotion qui m’a saisie ! Le délai étant très court, ma participation n’a pu se faire. Néanmoins, mon texte a été ajouté in extremis à la publication & quelques mois plus tard, je recevais un courrier en provenance d’Italie accompagné d’une lettre me remerciant pour ma contribution. Un livre élégant avec sur la couverture la représentation de la fresque d’Andrea Mantegna, La Chambre des époux, réalisée au Palais Ducal de Mantoue. Comment restituer même avec ces mots que j’aime tant l’émotion qui m’a étreinte… avoir entre ses mains un tel objet ! Non, décidément les mots me manquent…
Alors je vous laisse avec ma toute jeune plume italienne… Dans cet article, j’ai choisi de traiter le sujet du colloque « Vita privata e vita pubblica nel Rinascimento » à travers le prisme du Palazzo Vecchio & des Ragionamenti de Giorgio Vasari ; je vous souhaite une bonne lecture !
Introduzione
“Fu come un tuono in un cielo limpido. Il venerdì 5 gennaio 1537, tra le dieci e le undici della sera, il duca Alessandro dei Medici è assassinato da suo cugino Lorenzino.”[1] Quest’evento spinge un ragazzo di diciassette anni e mezzo, nato dal ramo cadetto dei Medici[2], sulla scena politica fiorentina. Il 9 gennaio 1537, Cosimo I° dei Medici, figlio del condottiere Giovanni delle Bande Nere e di Maria Salviati, è eletto capo del governo di Firenze. Due giorni dopo, riceve il titolo ufficiale di duca di Toscana. Cresciuto da sua madre lontano da Firenze e dai Medici, è elevato alla testa della città senza esperienza politica né conoscenza delle mondanità[3]. Tuttavia, come lo sottolinea Roland Le Mollé, “[in] poco tempo, Cosimo aveva concentrato il potere tra le sue mani. Questo ragazzo […] aveva un senso politico innato, uno spirito di organizzazione eccezionale, una volontà implacabile. Prima che un altro sovrano pronuncia puì tardi le famose parole, a Firenze tutti lo capiscono molto presto : lo Stato, era lui. E solo lui.”[4]
Se dalla primavera 1537, il giovane capo stabilisce la sua egemonia con la vittoria di Montemurlo contro i fuorusciti[5], il suo primo gesto altamente simbolico si cristallizza nella scelta della residenza ducale. Nel 1540, un anno dopo il matrimonio con Eleonora di Toledo, lascia il palazzo familiare della Via Larga[6] e trasferisce la corte nell’antico palazzo dei Priori, emblema del potere repubblicano. Con quest’atto forte quanto strategico, Cosimo intende impiantare la sua autorità nel centro della vita politica, civica come sociale e mostrare così la nobile filiazione tra il suo nuovo governo e la tradizione repubblicana fiorentina.
Egli incomincia allora un vasto cantiere di ristrutturazione del palazzo della Signoria a fine di rimaneggiarlo e di adeguarlo alle esigenze della reggia medicea[7]. La severa costruzione, attribuita ad Arnolfo di Cambio, inadatta e male sistemata, è trasformata in un palazzo moderno, funzionale e raffinato. Per quanto riguarda la parte pubblica del fabbricato, Cosimo mobilita artisti come Bandinelli o Baccio d’Agnolo ; per gli appartamenti privati, si rivolge a Battista del Tasso. Ma, bisogna aspettare l’arrivo di Giorgio Vasari nel 1554 affinché l’ideologia ducale si concretizzi e si manifesti. Intervenendo tanto al livello architettonico quanto ornamentale, l’artista erige un monumento alla gloria della casa regnante.
Il Vasari è passato alla posterità come architetto, pittore e sopratutto in quanto padre della storia dell’arte grazie al suo capolavoro letterario : Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori. Il successo incontrato da questo testo ha oscurato gli altri scritti vasariani come Le Ricordanze, lo Zibaldone o I Ragionamenti[8] che ci interessano specialmente nel contesto del restauro del palazzo della Signoria. Il rifacimento del luogo è intrinsecamente legato a quest’opuscolo compilato tra 1557 e 1567. L’opera, che si presenta sotto forma di un dialogo tra Giorgio Vasari e Francesco I° dei Medici[9], “funziona come un commento, un’ interpretazione delle diverse scene rappresentate in ogni sala, e costituisce in questo modo una fonte preziosa che provvede non solo indicazioni iconografiche di primo grado, ma anche il gioco delle significazioni sottese, delle allusioni più o meno evidenti.”[10]
Da sette secoli, il palazzo Vecchio[11] è considerato come la sede della vita politica fiorentina. Edificato alla fine del Duecento allo scopo di accogliere i Priori e il Gonfaloniere di Giustizia, ospita ancora oggi il Consiglio Municipale e gli uffici del sindaco. Così, traslocando la sua corte come la sua famiglia nel palazzo comunale, Cosimo favorisce l’ingerenza della sfera privata in un edificio pubblico destinato al potere. L’abitazione medievale convertita in casa principesca diviene il luogo dove il duca vive, governa e si circonda di artisti. Di conseguenza, risulta una stretta relazione tra privato e pubblico[12]. Se nel loro significato usuale i concetti di vita privata e di vita pubblica sembrano opposti si confondono in seno al rinnovamento del palazzo dei Priori.
Il compimento della ristrutturazione è il frutto dell’incontro e della collaborazione di Cosimo I° dei Medici e di Giorgio Vasari. L’autore delle Vite ha sempre conservato un rapporto privilegiato con la dinastia medicea ma, con Cosimo, quell’affezione raggiunge il suo apogeo. Principe e cortigiano, mecenate e artista, amici, i due uomini vanno a unire i loro rispettivi ingegni, politico e artistico, a fine di metterli a disposizione di un solo e stesso obiettivo : la creazione del mito mediceo che nascerà nell’incita del palazzo Vecchio. Luogo di potere ma anche di intimità, la vita pubblica e la vita privata non cesseranno di incrociarsi. La ristrutturazione del palazzo della Signoria si rivela dunque un’interessante variazione sul tema vita pubblica e vita privata nel Rinascimento che il convegno si propone di trattare. Dopo aver domato la confusione dell’austero casamento, modificandolo in un universo armonioso, il Vasari concepisce spazi pubblici, privati anzi segreti. Inoltre, grazie ad un sistema di corrispondenze topografiche, idea una struttura architettonica e una decorazione pittorica che riposano sull’analogia tra il mondo privato degli dei olimpici e le gesta dell’illustre casa Medici. L’assimilazione dei membri della famiglia fiorentina alle divinità della mitologia, il cui disegno è l’elogio della dinastia, culmina nell’apoteosi finale figurata sul soffitto della Sala dei 500. Nella rappresentazione, Cosimo I° dei Medici è dipinto come un dio, fatto di carne e di sangue, immagine di Dio incarnato, nel quale l’umanità si fonde con la divinità, il microcosmo col macrocosmo, l’Uomo con lo Stato e nel quale privato e pubblico formano solo Uno.
Giorgio Vasari & I Medici : tra vita privata e vita pubblica
Giorgio Vasari ha sempre mantenuto una relazione singolare con I Medici. L’aretino ha 13 anni quando il cardinale Silvio Passerini lo porta a Firenze. L’episodio è riferito in modo aneddotico da Roland Le Mollé nella biografia che dedica all’artista :
“Orbene ecco che un giorno di maggio 1524, […], il cardinale Silvio Passerini si fermò ad Arezzo. Tutto felice e tutto fiero, Antonio Vasari, con il quale il cardinale aveva qualche legame parentale, gli presentò suo figlio Giorgio. Non si sa mai ! doveva pensare il brav’uomo. Comunque, il ragazzo recitò davanti al prelato parecchi brani dell’Eneide […]. Passerini fu impressionato dall’ “eccellente preparazione letteraria del ragazzo”. Tanto che finì col convincere Antonio di affidargli suo figlio per portarlo a Firenze. Il cardinale aveva trovato in questo ragazzo di stimabile famiglia, intelligente e dotato tanto per le lettere quanto per il disegno, un compagno di studi ideale per Ippolito e Alessandro di cui era incaricato adesso di fare l’educazione.”[13]
Così, fin dall’infanzia, il futuro autore delle Vite arriva simultaneamente a Firenze e in casa medicea.
Vasari svilupperà anche un legame benevolo con Ottaviano, uomo di cultura nato da un ramo lontano dei Medici. Ebbe per questi molta affezione come ne testimonia il passo seguente della propria Vita :
“Pure, […], venni a Fiorenza, dove fui dal detto Duca ricevuto con buona cera, e poco appresso dato in custodia al magnifico Messer Ottaviano de’ Medici; il quale mi prese di maniera in protezzione, che sempre, mentre visse, mi tenne in luogo di figliuolo: la buona memoria del quale io riverirò sempre e ricorderò come d’un mio amorevolissimo padre.”[14]
Tuttavia, il primo Medici a prendere l’aretino al suo servizio è Ippolito che, nominato cardinale, gli domanda di raggiungerlo a Roma[15]. Con questa proposta, oltre a far parte della loro cerchia privata, il Vasari collabora alla vita pubblica dei Medici. In seguito, Alessandro gli commissiona un ritratto di suo antenato, Lorenzo il Magnifico. Sedotto dal dipinto, il duca chiede a Ippolito di cedergli l’artista.
Importa evidenziare il rapporto inerente che unisce Giorgio Vasari ai Medici perché partecipa alla problematica della connessione del privato e del pubblico. Divenendo l’intimo dei Medici, Vasari, non solo divide il loro quotidiano ma, per di più, con le sue creazioni, tramite il suo lavoro, contribuisce alla propaganda del loro prestigio, consolida la loro gloria celebrendola. Inoltre, grazie alla loro protezione, risolve certi problemi della propria vita. Ad esempio, alla morte del padre, capitata nel 1527, gli incombe il pesante impegno di capo di famiglia. Tale situazione sarà per lui una fonte di profonde inquietudini. Ricordiamo allora l’offerta di Alessandro che gli promette di dotare sua sorella in cambio della realizzazione di affreschi, rappresentando episodi della vita di Giulio Cesare, sui muri di una camera situata al pianterreno del palazzo Medici. Costatiamo dunque a quale punto privato e pubblico si combinano.
Però, la vita nell’ambiente mediceo cessa brutalmente nel 1537 all’annuncio della violente morte di Alessandro. Il Vasari è colpito. Scrive a suo zio, Antonio :
“ […] le speranze del mondo, i favori della fortuna, l’appoggio del confidar nei principi e i premi delle tante fatiche, finiti in uno spirar di fiato ! Ecco il duca Alessandro mio signore in terra morto, scannato come una fiera […] ”[16]
In seguito a questo fatto, lascia la corte medicea e si ritira in casa sua, ad Arezzo. Ne risulterà un grande periodo di viaggi durante il quale conoscerà un’intensa attività di pittore. Nel corso del suo errare attraverso l’Italia, diventa un artista libero, acquista dell’esperienza, fa degli incontri e si costituisce un arsenale di immagini. Come se, durante questo tempo, si fosse preparato all’incontro che stava per sconvolgere la sua vita.
“Era itinerante, eccolo sedentario ; era scapolo, è appena sposato ; aveva molteplici accomodanti, lavorerà per una sola persona ; era libero e indipendente, diverrà il soggetto di un principe autoritario ; era agiato, diventerà ricco ; era molto conosciuto, sarà celebre.”[17] Infastidito dalle sue peregrinazioni, Vasari pensa a fermarsi. Una volta di più, il suo pensiero si volge verso I Medici e, specialmente, verso il capo di Firenze : Cosimo I°. Però, la sua ammissione in seno alla reggia ducale non fu facile. Lasciando Firenze nel 1537, egli aveva sfoggiato il suo disgusto per le corti. Sembra perfino che non abbia risposto alle aspettative del nuovo duca. A questo si aggiunge il fatto che non sia veramente stimato dagli artisti che gravitavano già nell’universo ducale come il Cellini o il Bandinelli…Nondimeno, nel 1554, è finalmente accettato alla corte e, alla fine dello stesso anno, intraprende il suo lavoro al palazzo della Signoria. All’inizio del 1555, si sistema a Firenze.[18]
Dopo la morte dei diversi intervenienti del cantiere[19], Giorgio Vasari diventa il capo dei lavori. Opera adesso su tutti i fronti : architettonico, pittorico, ornamentale. In collaborazione col suo mecenate, erige un tempio alla gloria dei Medici dove culmina l’esaltazione della figura ducale e della sua potenza. Sicuramente, la complementarità di questi due personaggi chiavi del Cinquecento è all’origine della propaganda politico-culturale orchestrata dal duca di Toscana. Cosimo al livello politico e Vasari al livello artistico occupano e controllano la scena fiorentina.
Nel corso del tempo, il legame che unisce i due uomini si modifica. Dal contratto iniziale concluso tra il mecenate e l’artista alla relazione del principe e del cortigiano, il loro affetto progredisce verso una totale interdipendenza. L’ideologia artistica del Vasari coincide con la concezione politica di Cosimo e inversamente. Infine, la loro stretta attinenza approda ad una stima reciproca poi ad una sincera amicizia. In una lettera del 24 ottobre 1559, il duca dà del tu all’artista che, d’ora in poi, occuperà un posto privilegiato presso alla cerchia ducale.
I vincoli che legano Giorgio Vasari ai Medici oscillano tra la sfera privata e l’ambito pubblico. Alessandro che era il suo compagno di studi come di giochi diventerà in seguito il suo mecenate ; Cosimo I° che era il suo protettore, diverrà il suo confidente, il suo amico. L’attaccamento privato quanto professionale che avvicinerà Cosimo e Vasari avrà per principale fine l’ideazione del mito mediceo che prende forma nel palazzo della Signoria. Microcosmo che mescola spazi pubblici, appartamenti privati e ambienti segreti, luogo di potere ma anche di intimità, il dominio pubblico e il campo privato si fondono nella nuova sede ducale.
La ristrutturazione del palazzo della Signoria : simbiosi tra vita privata & vita pubblica
Il restauro dell’antico alloggio dei Priori illustra l’unione tra privato e pubblico. Centro politico della città, il complesso della piazza della Signoria personifica la vita pubblica. Convertito in residenza principesca, il palazzo simbolizza la casa del capo, la dimora dell’uomo e riflette la sfera privata.
Quando il duca lascia il palazzo ancestrale dei Medici, la fortezza medievale nella quale si sistema somiglia ad una massa confusa dove regna il “caos”. Innalzato nel 1299 da Arnolfo di Cambio e destinato ad ospitare il governo della città, l’edificio conta due secoli e mezzo di storia. È il frutto di numerosi modificazioni, ristrutturazioni e amplificazioni[20] che gli hanno conferito una fisionomia disparata. L’intento di Cosimo è allora di convertire la costruzione arnolfiana in un microcosmo armonioso nel quale la coesione del vecchio e del nuovo, l’equilibrio della sproporzione e l’unificazione della diversità sono le chiavi di volta della riabilitazione.
Il Medici decide di non modificare l’aspetto esterno del fabbricato. Riferiremo gli scambi seguenti, estratti dai Ragionamenti, perché espongono in modo esplicito la meta di tale scelta ; cioè che il rifacimento delle austere muraglie si fonde col modo di governare, che la prodezza architetturale si combina con la strategia politica :
“P-[…] ditemi, molto non avete consigliato il duca mio signore a gittare in terra tutte queste muraglie vecchie, e con nuova pianta levare dai fondamenti una aggiunta grande a questo palazzo di fabrica moderna, […] ? G – V. E. dice la verità, ma so bene che Quella sa che il duca arebbe saputo, e potuto farlo felicissimamente, se il rispetto di non volere alterare i fondamenti e le mura maternali di questo luogo, per avere esse, con questa forma vecchia, dato origine al suo governo nuovo”[21] o “G – […] e così come egli, che è capo di questa republica ed ha conservato ai suoi cittadini le leggi e la iustizia e il Dominio e tutte le ha ampliate ed accresciute e con tanta gloria magnificate, il medesimo vuol che segua di queste muraglie, le quali per esservi tante discordanze e brutezza di stanzaccie vecchie ed in loro disunite, che mostranci il medesimo ordine che era in loro per la mutazione de’ governi passati ; dove il Duca nostro adesso mostra appunto in questa fabrica il bel modo che ha trovato di ricorreggerla, per far di lei, come ha fatto in questo governo, di tanti voleri un solo, che è appunto il suo.”[22]
Nonostante la conservazione della facciata del palazzo, Cosimo I° idea all’interno una reggia sfarzosa dedicata alla mitizzazione della stirpe medicea. Se la memoria veicolata dal passato appartiene a tutti, il presente che vuole imporre nel momento in cui prende possesso dei luoghi è proprio il suo. Malgrado l’osmosi del passato e del presente, che può anche essere intesa come un’associazione del pubblico e del privato[23], intima la sua ideologia politica. Sottile stratega, scegliendo di lasciare il palazzo edificato da Michelozzo, troppo legato all’immagine di Cosimo il Vecchio e a quella di Lorenzo il Magnifico, si distingue dei suoi predecessori e sistemandosi nella sede del potere finge di rientrare nella discendenza repubblicana. Però, anche se conservi le “ossa” del palazzo comunale come quelli della Repubblica, è la propria supremazia che intende imporre[24]. Come lo dice lo storico Benedetto Varchi, “Che nessuno si stupisce se chiamo sempre Cosimo e mai lo Stato, i Quarant’Otto o anche i Consiglieri, per questa ragione che né lo Stato, né i Quarant’Otto, né i Consiglieri personalmente, ma solo Cosimo governava tutto, e non si diceva niente o non si faceva niente d’importante o d’insignificante che egli non dica di sì o di no.”[25]
La simbiosi tra palazzo e potere approda alla fusione della costruzione con l’entità ducale. Dopo aver attribuito un vocabolario umano al casamento[26], lo scrittore enuncia il paragone seguente creando così una simmetria tra il capo e il suo palazzo :
“avessi poi aver fama del più raro palazzo e del più commodo e singulare, che alcun altro fusse stato fabricato dalla grandezza di republica o principe che sia stato mai”[27] che corrisponde a “del più singulare duca che ci abitasse o venisse mai.”[28]
Il restauro del palazzo del Popolo si rivela la metafora del buon governo. Per di più, la natura antropomorfica del luogo induce la relazione tra corpo umano e architettura. L’analisi svela dunque un’interdipendenza tra palazzo, potere e figura ducale che sembrano combinarsi al punto di formare una sola e stessa cosa.
Cosimo fa il disegno di innalzare un monumento omogeneo, luogo d’armonia tra l’antica influenza repubblicana e la nuova potenza medicea, tra il governo e l’uomo e quindi tra il pubblico e il privato. In quanto casa principesca, il palazzo combina diversi universi : grandi spazi, piccoli stanzini, terrazze aperte o capelle private il cui filo conduttore, l’esaltazione ducale, si svolge nella decorazione pittorica. Più concretamente, si compone tra l’altro dei Quartieri degli Elementi e di Leone X dedicati agli appartamenti privati, del Salone dei 500 consacrato alla parte pubblica o dello Studiolo destinato a un’atmosfera più intima, quasi segreta.[29]
Dato che lo studio degli appartamenti sarà oggetto di un approfondimento specifico, ci concentreremo sulla coabitazione degli spazi pubblici e privati. All’ambiente imponente del Salone si adossa e si oppone l’universo intimo dello Studiolo. Se la Sala Grande eterna Cosimo, la cui apoteosi troneggia nel tondo centrale, lo Studiolo è legato a Francesco I°. Nel piccolo stanzino di studi tipicamente manieristico, considerato come uno scrigno prezioso, il principe dà libero corso al suo gusto per le collezioni e l’alchimia. Così, nello stesso tempo, l’universo politico e pubblico del padre rasenta e si distingue dall’universo privato e intimo del figlio.
Faremo ora una digressione sul celebre corridoio vasariano che si inserisce perfettamente nella problematica del convegno. Il duca sapeva fare coincidere le manifestazioni popolari con gli eventi familiari. In questo modo, in occasione delle nozze di Francesco I° e di Giovanna d’Austria, celebrate il 16 dicembre 1565, chiede al Vasari di creare una galleria collegando i due centri del potere mediceo. Questo corridoio è un’insolita via aerea che percorre i tetti di Firenze su uno chilometro e che si stende dal palazzo ducale fino ai giardini di Boboli passando dagli Uffizi. Percepiamo d’ora in poi la doppia funzione del corridoio : passaggio privato e/o concezione pubblica. Il varco congiunge le due estremità dell’egemonia ducale e serpeggia attraverso il complesso pubblico che formano palazzo Vecchio, Uffizi e palazzo Pitti. Passaggio privato, anzi segreto, riservato ad alcune persone, permetteva al capo di lasciare l’universo pubblico della Signoria per rendersi negli appartamenti del palazzo Pitti.[30] Inoltre, la galleria gli offriva la possibilità di sorvegliare i cittadini e di lasciare incombere sulla città la sua autoritaria presenza : sottile modo di mostrare che impersonava l’autorità suprema e che, dalle altezze del corridoio, dominava la città.
Ma, ritorniamo dentro le mura della reggia e, in particolare, nella Sala dei 500 che ne materializza il cuore. Un tempo sala di riunione dei membri della Repubblica, diviene sotto il regno di Cosimo un salone d’apparato. Vano centrale dell’edificio, contiene nella sua altezza gli altri ambienti. Nucleo del casamento, serve da una parte i Quartieri privati degli Elementi e di Leone X e dall’altra gli ambienti intimi dello Studiolo[31] e del Tesoretto[32]. È anche il legame tra la parte originale e la nuova addizione. Insomma, punto di caduta dei Ragionamenti, centro del palazzo, il Salone assume un ruolo cardine ; non è allora sorprendente che sia il luogo dove la glorificazione di Cosimo è magnificata.
Grazie all’intervento ducale e alla virtuosità artistica, l’antica casa dei Priori è diventata un luogo d’unità, d’armonia nel quale si diffonde la simbiosi del vecchio e del nuovo, del passato e del presente, del palazzo e del potere, del pubblico e del privato, tutto questo incarnato da una sola e stessa entità : Cosimo I°. Vero microcosmo, l’abitazione ospita il cielo, la terra e il suo Dio che raggia su tutta la Toscana. Discendenti degli dei dell’Olimpo, I Medici sono presentati, attraverso il ciclo di affreschi realizzati dall’artista, come degli dei terrestri il cui dinaste è ineluttabilmente il capo del ducato.
L’analogia col mondo mitologico : dalla vita privata degli Dei alle gesta pubbliche dei Medici
I Ragionamenti si svolgono su tre giornate, ognuna composta da vari dialoghi. La prima giornata propone sette ragionamenti dedicati al Quartiere degli Elementi e agli dei mitologici ; la seconda ne offre sei consacrati al Quartiere di Leone X e ai personaggi medicei ; la terza ed ultima giornata si compone di uno solo ragionamento riservato agli affreschi della Sala dei 500.
Il livello topografico rivela una perfetta simmetria tra il Quartiere degli Elementi situato al secondo piano e quello di Leone X che occupa il piano nobile :
Quest’ordinamento suggerisce la presenza di un sistema molto elaborato di relazioni simboliche tra i diversi piani. Commenta dunque l’artista :
“[…] aviamo fatto lassù che ogni stanza risponda a queste da basso per grandezza della pianta simile, e per riscontro di dirittura a piombo”[33] o “[…] abbiamo messo di sopra e situato in que’ luoghi alti le storie e l’origine delli Dei celesti, ed in oltre la proprietà che essi hanno lassù secondo la natura loro, perché essi in queste stanze di sotto hanno a fare il medesimo effetto ; perché non è niente di sopra dipinto, che qui di sotto non corrisponda.”[34]
La concezione ricorda certi temi estratti dalla celebre Tavola di Smeraldo di Hermès Trismégiste : “Quello che è in basso, è come quello che è in alto : & ciò che è in alto, è come quello che è in basso, per fare i miracoli di una sola cosa.”[35]
Grazie a quella rete di corrispondenze topografiche si profila un’analogia tra gli dei celesti della mitologia e gli dei terrestri della dinastia medicea[36]. Così, alla vita privata degli dei, Vasari fa coincidere le prodezze dei Medici. La Nascità di Venere, tra l’altro, è assimilata, come possiamo osservarlo nel brano seguente, all’arrivo al potere del duca :
“Tutto questo intessuto dell’elemento dell’Acqua, […], è accaduto al duca signore nostro, il quale venuto in aspettamento dal cielo in questo mare del governo delle torbide onde, e fatte tranquille e quiete, per la difficultà di fermare gli animi di questi populi tanto volubili e varj per i venti delle passioni degli animi loro, i quali sono dalli interessi proprj oppressi.”[37]
Inoltre, agli amori di Giove rispondono le imprese di Cosimo. In quel modo, la storia di Europa che fu amata dal dio trova la sua significazione in una delle numerose azioni ducali :
“[…] fu che cacciando Mercurio gli armenti di que’ paesi, sono stati i pensieri ingegnosi del duca Cosimo, chè pigliando il possesso di Piombino, levò via i vecchi governi; poi innamoratosi di Europa, e trasformato in toro, cioè nella sua fiorita età, ferocissimo, animoso ed utile animale, nuotando per il mare, cioè per l’onde delle difficultà, passò con le galee e con Europa, cioè con la volontà sua gravida di pensieri, per partorire in quel luogo il benefizio comune, non solamente del suo stato, ma la sicurtà di que’ mari e del suo dominio, edificandovi la città di Cosmopoli.”[38]
L’attinenza tra il mondo antico e l’universo mediceo approda alla supremazia dell’illustre casa fiorentina. Grazie a tale simmetria orientata, ogni membre della dinastia trova il suo riscontro nelle divinità dell’Olimpo. Così, […] il magnifico Cosimo, anzi santissimo Vecchio, nuova Cerere, non mancò sempre provvedere alla sua città d’ogni sorte abbondanza e grandezza”[39] ; in quanto all’esilio di Saturno, “[…] si può facilmente simigliare allo esilio di Clemente, che con la barca uscito fuor delle faticose onde delle tribolazioni e travagli, arrivato a Bologna, congiuntosi con Carlo V imperatore, ed accarezzato da Sua Maestà, lo rimette nel regno, e fermando le cose d’Italia stabilisce il governo e la conservazione di questo stato, facendo Alessandro suo nipote duca di Fiorenza.”[40] Tuttavia, l’analogia culmina nella figura ducale che offre una somiglianza con ogni entità mitologica e principalmente con Giove. L’autore inaugura il riavvicinamento tra Cosimo e il capo degli dei sin dalla loro genealogia. Dice il Vasari :
“[…] si può dire che gli eroi grandi della illustrissima casa vostra in più tempi sien nati d’Opi, e da Saturno mangiati, si sieno morti. Onde, per conservare Opi il più che può la generazione in questa illustrissima casa, gli ha rinnovati fino a questo giorno nella linea di Cosimo vecchio ne’ maschi, e visto che hanno mancato nel primo ramo, s’ha ripreso vigore nel secondo, e rivestita de’ colori di se stessa e de’ più vivi e più chiari, ingravidando sì vivamente di Saturno, partorisce Giove, il quale lo somigliò, perché viene a proposito, al duca nostro signore in queste storie.”[41]
Questo paragone è superato nella Sala Grande del palazzo dove il duca è presentato come una nuova divinità. Come Luigi XIV[42], qualche decennio più tardi, intima a Charles Le Brun di effigiare la propria persona sul soffitto della Galleria degli Specchi a danno del progetto iniziale dell’artista che progettava di ritrarre Ercole e le sue fatiche, Cosimo ordina a Vasari di fissare la propria figura in un’apoteosi dipinta nel tondo centrale del soffitto della Sala dei 500 invece di glorificare la città di Firenze[43]. Siffatte scelte partecipano al volere del duca come del ré di governare soli, di mostrare che impersonano il potere e di alzarsi al grado di dei[44].
Secondo Plotino, “il centro è il padre del cerchio”[45]. Oltre questa filiazione, anzi questa interdipendenza, tra il centro/punto ed il cerchio, occorre precisare che il circolo, in quanto figura perfetta[46], simboleggia la divinità, l’unità come l’eternità.
Inoltre, nel Marsilio Ficino, si legge :
“Dio è il centro di tutto […]. È anche la circonferenza del mondo […]. Centro è in tutta cosa, circonferenza, fuori di tutte. […] Che cos’è questo Dio ? Un cerchio spirituale il cui centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo.”[47]
In questo caso, siffatta figura geometrica evoca contemporaneamente il finito e l’infinito. Quest’idea di sistema chiuso, ordinato, che si oppone o succede a quello di caos, ricorda appunto ciò che il duca ha operato col restauro del palazzo della Signoria e del governo di Firenze. Di conseguenza, in quanto soggetto della rappresentazione pitturale, cioè in quanto centro del tondo, del Salone, del palazzo ma anche del ducato, Cosimo ricupera tutto questo simbolismo e diviene il dio che incarna il circoscritto e l’incommensurabile[48] ; il finito perché è l’uomo che ha dato all’antico palazzo come all’antico governo l’armonia di cui avevano mancato durante tanti anni e l’infinito perché è il dio che irradia su tutta la Toscana. Il Salone è dunque la stanza dove viene alla luce una nuova deità, caratterizzata dalla fusione dell’umanità e della divinità[49], che non si iscrive nel tempo leggendario dell’Olimpo ma nel presente del Cinquecento. Attraverso la nozione di presente non si deve capire presente fugace ma presente durevole, anzi eterno[50]. Quindi, conferendo al suo mecene, semplice mortale, un’aura divina, il Vasari, col penello o con la penna, crea un dio ancorato nel mondo degli uomini ; mostrando così la superiorità ducale sugli dei mitologici relegati al grado di dei più lontani, meno palpabili.
Il programma decorativo, centrato sull’analogia della vita privata divina e della vita ufficiale medicea, ha per obiettivo l’apologia dei Medici che raggiunge il suo apice nella Sala dei 500 dove il duca è chiaramente issato al grado di dio. Davvero, se l’eccellenza artistica di Michelangelo domina la struttura delle Vite, la sua preminenza politica sovrasta l’architettura dei Ragionamenti come del palazzo Vecchio. Il regno di Cosimo I°, ultima vera stella dei Medici, è esibito come perfetto e il Cinquecento come un nuovo età dell’oro. Cosimo, pietra angolare, simbolizza la fusione dell’uomo e di dio, del microcosmo e del macrocosmo, del privato e del pubblico.
Conclusione
La nostra riflessione sulla questione vita privata e vita pubblica in seno alla ristrutturazione del palazzo della Signoria o nei Ragionamenti di Giorgio Vasari ci ha indotto a verificare che rientrava nel tema che il convegno si è proposto di trattare cioè Vita pubblica e vita privata nel Rinascimento.
Tale comunicazione ha permesso l’evocazione di un’opera poca conosciuta. Come l’abbiamo già menzoniato, se Giorgio Vasari gode ai giorni nostri un’indiscussa autorità è grazie alle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori. Così, la nostra analisi ha contribuito alla trasmissione dei Ragionamenti, testo troppo spesso dimenticato benché costituisca una fonte ed una testimonianza preziose. Intrinsecamente legato al restauro della residenza ducale, I Ragionamenti, edificio d’immagini, si rispecchiano nel palazzo Vecchio, libro di pietre, del quale sono il riflesso letterario.
Nei Ragionamenti, l’aretino idea una conversazione con Francesco I° dei Medici che, grazie a certi indici temporali, è possibile situare verso 1558. Il dialogo è fortemente presentato come un momento della vita privata. È plausibile che un giorno di caldo opprimente, Francesco abbia incontrato l’artista alle svolte di un corridoio e che gli abbia chiesto di raccontargli, per passare il tempo, le storie relative agli affreschi che ornano i muri del palazzo Vecchio. Se non è l’inimicizia tra i due personaggi, il dialogo avrebbe potuto essere il racconto di un episodio estratto dal quotidiano dato che dovevano incontrarsi frequentemente nei meandri del palazzo. Di conseguenza, supponendo un momento della vita quotidiana nel corso del quale discorre su azioni politiche, su eventi pubblici della casa regnante, il Vasari lascia fin d’ora intravedere la connessione tra privato e pubblico.
I Ragionamenti fanno anche riferimento alla relazione fusionale che unì Giorgio Vasari al quale che diverrà, nel 1569, il primo granduca di Toscana. La collaborazione tra l’artista e l’uomo politico che si è ostentata nel campo pubblico come nel settore privato ha condotto al suo colmo la creazione del mito mediceo. Vita privata e vita pubblica, al livello relazionale, strutturale e ornamentale si sono mescolate per tendere verso uno solo e unico obiettivo : l’apologia della figura ducale.
Il 21 aprile 1574, Cosimo I° dei Medici muore in seguito a lunghi anni di sofferenze. Si spegne all’età di 54 anni. Il 27 giugno 1574, Giorgio Vasari, il suo artista, cortigiano e amico spira a sua volta. La morte di questi due protagonisti del Cinquecento fiorentino, vero binomio, firma la fine di un’epoca di cui il Vasari ha sempre presentito il declino e di cui ha sempre provato a conservare il ricordo. La sete di lavoro così tipica del personaggio ne è il testimonio. L’intensa attività che ha occupato la maggior parte della sua vita induce al fatto che per lui la sua attività professionale era indissociabile del suo quotidiano. L’aspirazione della sua esistenza è stata di partecipare attivamente alla glorificazione del suo duca, dei Medici, di Firenze, di preservare la memoria del suo tempo ed anche, implicitamente, la sua. Il Vasari, artista demiurgo[51], e Cosimo I°, incarnazione di Giove sulla Terra, hanno lasciato traccia delle loro azioni rispettive sul viso della Firenze cinquecentesca. Inoltre, lavorando all’unisono, si sono conferiti un’immortalità reciproca. Dalle sue realizzazioni pittoriche, architettoniche come letterarie, l’aretino ha iscritto alla posterità la sorte del suo secolo. Offrendogli la sua protezione e la sua amicizia, il capo del ducato di Toscana ha dato materia alle creazioni vasariane.
Oltre la memoria dei Medici, Vasari ha eternato il nome e l’opera degli artefici, sostrandoli all’annichilimento grazie al suo capolavoro letterario : Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori. Nei Ragionamenti, testimonia del potere granducale e riferisce aneddoti del quotidiano come eventi importanti e ufficiali. Di conseguenza, lo storiografo ha moltiplicato i mezzi di trasmissione per assicurare la posterità al Cinquecento, secolo nel quale l’arte come la politica hanno raggiunto, secondo lui, sommità di perfezione.[52]
Concluderemo la nostra contribuzione a questo convegno con una citazione di Roland Le Mollé che chiude il proposito e riassume il disegno, quasi il Senso, della vita privata quanta pubblica del Vasari :
“Vasari è quest’uomo che ha marcato il viso di Firenze, che ha pesato sulla politica del principe, che ha dato una memoria agli uomini del suo tempo e ai loro discendenti. Illustrando dal pennello, la pietra e lo scritto un’ organizzazione politica, civica e culturale, Vasari ha dato un viso e una voce agli artigiani del mito di Firenze.”[53]
Notes :
[1] Roland Le Mollé, Giorgio Vasari : L’homme des Médicis, Parigi, Grasset & Fasquelle, 1995, p. 59.
[2] Cosimo I° discende da Lorenzo dei Medici, il fratello di Cosimo il Vecchio.
[3] E probabile che, date la sua giovane età e la sua mancanza di esperienza, i maggiorenti fiorentini credevano di potere controllare il nuovo duca.
[4] Roland Le Mollé, op. cit., p. 66.
[5] I fuorusciti erano degli oppositori ai Medici, esiliati volontari, il cui capo era il banchiere Filippo Strozzi.
[6] Oggi Via Cavour.
[7] Il palazzo della Signoria, chiamato prima palazzo dei Priori, aveva già subito cambiamenti. Però, la ristrutturazione voluta da Cosimo I° dei Medici è non soltanto la più importante ma anche quella che si vede oggi quando si visita il monumento fiorentino.
[8] Giorgio Vasari, Ragionamenti, Firenze, a cura di G. C Sansoni Editore, 1906.
I Ragionamenti di Giorgio Vasari sono stati pubblicati per la prima volta in francese da Roland Le Mollé, Ragionamenti di Palazzo Vecchio, Parigi, Les Belles Lettres, 2007.
[9] Francesco I° dei Medici è il figlio e il successore di Cosimo I° dei Medici.
[10] Philippe Morel, Les Symboles du pouvoir au Palazzo Vecchio in Symboles de la Renaissance, Parigi, ENS, 1982, p. 199.
[11] Nel 1574, cioè alla morte di Cosimo I°, la sede della corte si trasferirà definitivamente al palazzo Pitti, nuova reggia. Da questo momento, il palazzo sarà conosciuto come palazzo Vecchio.
[12] Dall’espressione “vita pubblica” occorre capire in questo caso “vita politica” e “vita artistica”, unione che I Medici hanno sempre mantenuto segnatamente attraverso il mecenatismo e la politica culturale.
[13] Roland Le Mollé, Giorgio Vasari : L’homme des Médicis, ed. cit., p. 17.
[14] Giorgio Vasari, Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze, Ed. Giuntina, vol. II, 1568, Vita di Giorgio Vasari, p. 983.
[15] La proposta d’Ippolito dei Medici è registrata in Giorgio Vasari, Le Ricordanze, Arezzo, Archivio Vasariano, 1527-1573, Ricordanza [49] : “Ricordo come questo dì 4 di gennaio 1532 come io mi aconcio a servire il Reverendissimo et Illustrissimo Cardinale Ippolito de’ Medici e da lui mi si ordina, oltra la spesa per me e per uno garzone di grossi 21 il mese et oltre darmi stanze per lavorare e colori et ogni cosa necessaria che tanto commesse a Messer Veltrando da … suo cameriere e tesauriere segreto e per primo pagamento, acciò mi potessi mettere in ordine, mi diede la paga di tre mesi ci[o]è 63 grossi. E convenimmo che io dovessi tre dì della settimana disegniare per mio studio et altri tre lavorare per lui, grossi 66.”
[16] Carlo Frey, Il carteggio di Giorgio Vasari, Casa editrice Georg Müller/München, 1923, I, XXIV, p.76-78.
[17] Roland Le Mollé, Giorgio Vasari : L’homme des Médicis, ed. cit., p. 301.
[18] Giorgio Vasari riporta questo momento nella propria Vita : “La quale opera del Gesù finita, tornai a Fiorenza con tutta la famiglia, l’anno 1555, al servizio del duca Cosimo […]”, ed. cit., p. 1003 e nella Ricordanza [205] : “Ricordo come a dì 15 di dicembre io tornai Arezzo partendomi di Roma dal servizio di Papa Iulio III per venire a star col Duca Cosimo de’ Medici a Fiorenza.”
[19] Pensiamo tra l’altro a Battista del Tasso o a Giuliano di Baccio d’Agnolo.
[20] I diversi rifacimenti sono visibili dalla Via della Nina. Sulla questione vedere tra l’altro l’opera di Ugo Muccini : Pittura, scultura e architettura nel Palazzo Vecchio di Firenze, Firenze, Le Lettere, 1997, p. 14 e 15 o il fascicolo La reggia di Cosimo, Firenze, Giunti Gruppo Editore, 2000, p. 2 e 3.
[21] Giorgio Vasari, I Ragionamenti, ed. cit., p. 14.
[22] Ibidem p. 16.
[23] “Pubblico” perché fa riferimento ad una memoria collettiva e “privato” perché rappresenta il disegno di uno solo uomo.
[24] Con Cosimo I°, le istituzioni repubblicane spariscono a favore di un potere più monarchico. Se fino ad allora I Medici esercitavano un’influenza sul modo di governare ora Cosimo I° incarna il potere.
[25] Citato da Roland Le Mollé in Giorgio Vasari : L’homme des Médicis, ed. cit., p. 68.
[26] Giorgio Vasari, I Ragionamenti, “[…] e che sopra queste ossa con nuovo ordine si vadiano accommodando in più luoghi appartamenti e molte abitazioni varie e utili e magnifiche e ridurre le membra sparte di queste stanze vecchie in un corpo insieme”, ed. cit., p. 16.
[27] Ibidem p. 15.
[28] Ibidem p. 15.
[29] È evidente che il palazzo della Signoria conta un numero più importante di sale. Però, abbiamo scelto di limitare la nostra riflessione agli ambienti e alle atmosfere più rappresentativi.
[30] Nel 1565, Cosimo affida le redini del potere a suo figlio, attribuisce gli appartamenti del palazzo Vecchio agli sposini e si ritira nel palazzo Pitti che Eleonora di Toledo, sua defunta sposa, aveva comprato pochi anni prima.
[31] Roland Le Mollé, Ragionamenti di Palazzo Vecchio, “ Con Vincenzo Borghini [Vasari] crea lo Studiolo per Francesco. È un piccolo studio intimo e segreto, senza finestre, destinato a ricevere le più grande rarità della natura come le creazioni del giovane principe : oreficeria, cristallo di rocca, porcellana artificiale. Tutto un insieme di stucchi, di rivestimenti di legno, di statuette di bronzo, di affreschi, di dipinti al servizio della mitologia, dell’astrologia, della simbolica la più ermetica ornano questo piccolo scrigno prezioso. ” ed. cit., p. XXIII.
[32] Ibidem, “ Per Cosimo, [Vasari] idea il Tesoretto, minuscola stanza dove il duca conservava, in piccoli armadi di noce, gli oggetti più preziosi delle sue collezioni.”, p. XXIII.
[33] Giorgio Vasari, I Ragionamenti, ed. cit., p .86.
[34] Ibidem p. 85.
[35] Hermès Trismégiste, La Table d’Emeraude, Parigi, Les Belles Lettres, 2006, p. 43.
[36] Giorgio Vasari, I Ragionamenti, “quelle per dono celeste fanno in terra fra i mortali effetti grandi, sono nominati Dei terrestri, così come lassù in cielo quelli hanno avuto nome e titolo di Dei celesti.”, ed. cit., p. 86.
[37] Ibidem p. 28.
[38] Ibidem p. 69.
[39] Ibidem, p. 86.
[40] Ibidem, p. 39.
[41]Ibidem, p. 39.
[42] Notiamo che I Medici sono gli antenati di Luigi XIV. Invero, Maria dei Medici, la figlia di Francesco I° dei Medici, è la nonna di Luigi XIV.
[43] Nella lettera del 3 marzo 1563, Giorgio Vasari espone al duca il suo progetto rispetto alla Sala Grande e al tondo centrale : “Ne tre quadri grandj dj mezzo farej : in un de dua dal lato la prima edjficatione dj Fiorenza col fegnio de Romanj, nell altra la reftauratione o anplificatione dj detta; et in quella del mezzo a tutte le altre farej la feljcita di Fiorenza in una gloria celefte, con quelle fintionj poetiche che saranno a propofito. ” Carlo Frey, Il carteggio di Giorgio Vasari, ed. cit., lettera CCCXCVII, p. 718 (Cf Allegato 3 p. 21).
[44] Se le copie del palazzo di Versailles si sono moltiplicate come ad esempio nelle reggie tedesche o inglese, bisogna sottolineare che il modello originale di Versailles e delle sue copie è di fatto il palazzo Vecchio.
[45] Il concetto di centro si confonde con quello di punto. Così, si legge nel Convivio di Dante : “La Geometria si muove tra due cose in lotta contro lei, vale a dire il punto e il cerchio – e chiamo « cerchio » al senso largo tutto ciò che è tondo, sia corpo sia superficie ; perché come dice Euclide, il punto è principio di questa, e secondo il suo dire ancora il cerchio è, in questa, figura molta perfetta che bisogna tenere per la sua ragion d’essere e la sua fine. ” Parigi, Gallimard, 1965, p.352 e 353.
[46] I platonici e i neoplatonici hanno lodato la forma sferica generalmente associata alla perfezione divina o spirituale. Cf Platone, “ [il cerchio è la] – figura più perfetta e più simile a se stessa -, convinto che c’è mille volte più di bellezza nel simile che nel dissimile ”, Le Timée, Parigi, Flammarion, 1992, p. 122 – Cf Macrobio, “la forma rotonda, [è] la sola divina.” nel Commentaire au songe de Scipion (Livre I), Parigi, Les Belles Lettres, 2001, p. 67.
[47] Citato da André Chastel, Marsile Ficin et l’art, Ginevra, Librairie Droz, 1975, p. 58.
[48] C’è una messa in abisso del concetto di centro. L’apoteosi ducale si trova al mezzo della Sala dei 500 che materializza, lei stessa, il cuore della dimora principesca che, in quanto palazzo, simbolizza il centro dell’universo. Così, grazie ad un sunto, si può pensare che Cosimo è, tale il Sole, il centro dell’universo, il punto intorno del quale tutto gira.
[49] Per confortare il nostro proposito si pùo aggiungere che se si guarda una pianta del palazzo, il Salone, grazie alla sua altezza, contiene gli altri livelli e, in particolare, il piano degli dei (Quartieri degli Elementi) e il piano dell’uomo (Quartieri di Leone X) ; vale a dire che racchiude la sfera divina e il mondo umano.
A confermare quest’idea, c’è anche il fatto che il tondo centrale si trova al mezzo di 48 dipinti per lo più quadrati o rettangolari. Il quadro, simbolo fondamentale, evoca la stabilità. È il simbolo di un mondo equilibrato e fissato intorno a un centro incarnato qui dal duca. La coabitazione quadrato/cerchio ricorda l’impossibile quadratura del cerchio che esprime l’armonia ideale tra il celeste e il terrestre, tra il cielo e l’uomo.
[50] L’autore dei Ragionamenti adopera elementi deittici (ad esempio avverbi temporali e spaziali e determinanti dimostrativi) che concorrono ad ancorare la sua dimostrazione, che fissano la strutture spazio-temporale dell’opera in un quadro concreto, palpabile, quello del 500°. Inoltre, il Vasari sfrutta anche modi e tempi (essenzialmente indicativo presente e gerundio) che, grazie alle loro rispettive proprietà, superano il presente descritto, cioè la realtà contemporanea per provare a raggiungere une certa intemporalità e forse una certa eternità. Su questo punto, mi permetto di segnalare la mia tesina, I Ragionamenti di Giorgio Vasari : una costruzione dialogica intorno all’ideologia medicea, diretta dalla Signora Véronique Mérieux e discussa alla facoltà di Nice Sophia-Antipolis in 2003.
[51] Tale il demiurgo, Vasari porta l’ordine, la misura e la proporzione nel palazzo della Signoria. L’idea è confermata da questa citazione estratta dal Timée di Platone : “Perché il dio desiderava che tutte le cose fossero buone, […] che portò del disordine all’ordine, avendo stimato che l’ordine valle infinitamente meglio che il disordine”, Parigi, Flammarion, 1992, p. 118.
[52] È vero che durante il regno di Cosimo I°, Firenze e la Toscana, hanno ritrovato un’importanza economica e politica che avevano perdute alla morte del Magnifico.
[53] Roland Le Mollé, Giorgio Vasari, L’homme des Médicis, ed. cit., p. 446.
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